Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale  dello  Stato  (C.F.  80224030587),
presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via  dei  Portoghesi,  12
per   il   ricevimento   degli   atti,   fax   06.96514000   e    PEC
ags_rm@mailcert.avvocaturastato.it; 
    Nei confronti della Regione Marche,  in  persona  del  Presidente
della Giunta Regionale pro tempore, con sede in Ancona via Gentile da
Fabriano  n.   9,   per   la   dichiarazione   della   illegittimita'
costituzionale della legge della Regione Marche del 9 marzo  2015  n.
7, pubblicata nel B.U.R. Marche n. 24 del  19  marzo  2015,  recante:
«Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 8 Disciplina delle
deroghe previste dalla direttiva  79/409/CEE  del  2  aprile  1979  e
dell'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme  per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio" e modifica alla legge  regionale  5  gennaio  1995,  n.  7
"Norme per la protezione  della  fauna  selvatica  e  per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina  dell'attivita'  venatoria"»,
limitatamente all'articolo 1. 
    La legge della Regione Marche n.  7/2015,  con  riferimento  alle
disposizioni   di   cui   all'articolo   1,   presenta   profili   di
illegittimita' costituzionale e viene quindi impugnata per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Articolo 1  della  legge  della  Regione  Marche  n.  7/2015,  per
violazione dell'art. 117, comma 1, e dell'art. 117, comma 2,  lettera
s) della Costituzione. 
    La legge regionale n. 7 del  2015  e'  censurabile  relativamente
alla norma contenuta nell'articolo 1 che  cosi'  dispone:  «(Modifica
dell'articolo 2 della L.R. 8/2007). 1. Dopo il comma 2  dell'articolo
2 della legge regionale  16  luglio  2007,  n.  8  (Disciplina  delle
deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell'
articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157  "Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio" e modifica alla legge  regionale  5  gennaio  1995,  n.  7
"Norme per la protezione  della  fauna  selvatica  e  per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria') e'
inserito il seguente: "2-bis. Al fine dell'applicazione della lettera
c) del comma 2 e' comunque consentito  il  prelievo  in  deroga  allo
storno  (Sturnus  vulgaris)  praticato  in  prossimita'   di   nuclei
vegetazionali produttivi sparsi, a tutela  della  specificita'  delle
coltivazioni regionali."». 
    La norma regionale, dunque, aggiunge all'articolo 2  della  legge
regionale 16 luglio 2007, n. 8 il comma 2-bis,  innovando  il  regime
giuridico   del   prelievo   venatorio   in   deroga,    disciplinato
dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009 (che
ha sostituito la direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979  -  Direttiva
del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici) e
dall'articolo 19-bis della legge n. 157  del  1992.  Il  comma  2-bis
stabilisce che, al fine dell'applicazione della lettera c) del  comma
2 del citato art. 2 della  legge  regionale  n.  8/2007  (concernente
l'obbligo di indicare le  circostanze  di  tempo  e  di  luogo  della
deroga), sia comunque consentito il prelievo in  deroga  allo  storno
(Sturnus vulgaris) praticato in prossimita' di  nuclei  vegetazionali
produttivi sparsi, a tutela  della  specificita'  delle  coltivazioni
regionali. 
    La previsione regionale, tuttavia, si pone in contrasto tanto con
la normativa statale quanto con quella europea. 
    In  particolare,  l'articolo  9,  paragrafo  1,  della  direttiva
2009/147/CE del 30 novembre 2009 attribuisce  agli  Stati  membri  la
possibilita' di derogare  al  divieto  di  uccidere  o  di  catturare
deliberatamente, con qualsiasi metodo, uccelli  selvatici  [stabilito
dall'articolo 5, comma 1, lettera a) della  citata  direttiva].  Tale
deroga, tuttavia, puo' essere concessa, a condizione che non vi siano
altre  soluzioni  soddisfacenti,  per  delle  ragioni   espressamente
tipizzate quali sono, in via esemplificativa, la tutela della  salute
e sicurezza pubblica, la necessita' di  prevenire  gravi  danni  alle
colture o per consentirne in condizioni  rigidamente  controllate  la
cattura.  L'atto  di  concessione   della   deroga,   inoltre,   deve
specificare: «a) le specie che formano oggetto delle medesime;  b)  i
mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati:
c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di  luogo  in
cui  esse  possono  essere  applicate;  d)  l'autorita'  abilitata  a
dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a  decidere
quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali
limiti e da quali persone; e) i  controlli  che  saranno  effettuati»
(articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre
2009). 
    In  attuazione  del  menzionato  articolo   9   della   direttiva
2009/147/CE, l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992  (inserito
dall'art. 1,  comma  1,  legge  3  ottobre  2002,  n.  221  e  quindi
sostituito dall'art. 26, comma 2, legge 6 agosto 2013, n.  97),  dopo
aver statuito che «Le regioni disciplinano l'esercizio delle  deroghe
previste dalla direttiva 2009/147/CE del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, del 30  novembre  2009,  conformandosi  alle  prescrizioni
dell'articolo 9, ai principi e alle finalita' degli articoli  1  e  2
della stessa direttiva ed alle  disposizioni  della  presente  legge»
(articolo 19 bis, comma 1), dispone che: «Le deroghe  possono  essere
disposte dalle regioni e province autonome, con atto  amministrativo,
solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via  eccezionale
e per periodi limitati. Le  deroghe  devono  essere  giustificate  da
un'analisi puntuale dei  presupposti  e  delle  condizioni  e  devono
menzionare   la   valutazione   sull'assenza   di   altre   soluzioni
soddisfacenti, le  specie  che  ne  formano  oggetto,  i  mezzi,  gli
impianti e metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di  rischio,
le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero  dei  capi
giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i  controlli
e le particolari forme di vigilanza cui il prelievo e' soggetto e gli
organi  incaricati  della  stessa,  fermo  restando  quanto  previsto
dall'articolo 27, comma 2» (articolo 19-bis, comma 2). 
    Il descritto quadro  normativo,  tanto  europeo  quanto  statale,
risulta pertanto violato dalle prescrizioni contenute all'articolo  1
della  legge  regionale  n.   7/2015   che   autorizza   in   maniera
generalizzata,  senza  limiti  spaziali  e  temporali,  e  senza   la
necessita' di ricorrere ad alcuna specifica motivazione, il  prelievo
della  specie  di  uccello  selvatico  denominata  «Storno»  (Sturnus
vulgaris), a condizione - peraltro generica - che tale prelievo venga
«praticato in prossimita' di nuclei vegetazionali sparsi, ed a tutela
della specificita' delle coltivazioni regionali». 
    La norma regionale censurata  introduce,  esclusivamente  per  il
prelievo della specie «storno», un  regime  giuridico  differenziato,
caratterizzato da stabilita' e continuita'  nel  tempo  anziche'  dai
requisiti di eccezionalita' e temporaneita' imposti  dalla  normativa
interna ed europea. 
    Il contrasto della norma regionale  censurata  con  la  normativa
statale ed europea si apprezza, altresi', in relazione allo strumento
scelto dalla Regione per introdurre previsioni  di  deroga  a  quella
normativa,  ovvero  la  legge  regionale.  Al  contrario,  l'articolo
19-bis, comma 2, della legge n. 157 del 1992  fa  invece  riferimento
alla necessita' di ricorrere all'adozione di un atto  amministrativo.
La scelta della norma di legge regionale  appare  quindi  censurabile
non soltanto perche'  consente  di  eludere  l'obbligo  motivazionale
imposto per la concessione della deroga dalla normativa interna e  da
quella europea ma  anche  perche'  elide,  di  fatto,  il  potere  di
annullamento della stessa deroga attribuito al Consiglio dei ministri
dall'articolo 19-bis, comma 4, della legge n. 157 del 1992. 
    Invero, costante e' la giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale  che  ha  affermato  l'illegittimita'  di   previsioni
siffatte. 
    In altro giudizio, in cui la  legge  regionale  (lombarda)  aveva
provveduto a dettare norme per la disciplina delle  deroghe  previste
dalla  direttiva  79/409/CEE,  e'  stato  affermato  che  «4.  -   La
giurisprudenza di questa Corte ha gia'  chiarito  che  il  potere  di
deroga di cui all'art. 9 della direttiva 79/409/CEE  e'  esercitabile
dalla Regione in  via  eccezionale,  «per  consentire  non  tanto  la
caccia, quanto, piuttosto, piu'  in  generale,  l'abbattimento  o  la
cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette  dalla
direttiva medesima» (sentenza n. 168 del 1999). 
    5. -  Il  legislatore  statale  e'  intervenuto  in  materia  con
l'adozione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, recante  «Integrazioni
alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di  protezione  della
fauna  selvatica  e  di  prelievo  venatorio,  in  attuazione   della
direttiva 79/409/CEE»,  con  la  quale  e'  stato  introdotto  l'art.
19-bis. Quest'ultima disposizione prevede, al  primo  comma,  che  le
Regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla cennata
direttiva «conformandosi alle prescrizioni dell'art. 9, ai principi e
alle finalita' degli artt. 1 e  2  della  stessa  direttiva»  e  alle
disposizioni  della  legge  n.  157  del  1992.  I  commi  successivi
riprendono le condizioni espressamente  individuate  dalla  direttiva
79/409/CEE, in base alle quali e' consentito il regime delle deroghe.
E' previsto, inoltre, che il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, possa annullare
i provvedimenti di deroga adottati, previa delibera del Consiglio dei
ministri e dopo aver diffidato la Regione interessata»  (sentenza  n.
250 del 2008). 
    In forza di tali affermazioni codesta ecc.ma Corte ha rilevato il
contrasto con  la  disciplina  dettata  dal  legislatore  statale  al
cennato art. 19-bis della norma  regionale  che  prevede  l'esercizio
delle deroghe attraverso una legge-provvedimento. E  cio'  in  quanto
«l'autorizzazione  del  prelievo  in  deroga   con   legge   preclude
l'esercizio del potere di annullamento da parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri dei provvedimenti  derogatori  adottati  dalle
Regioni che risultino  in  contrasto  con  la  direttiva  comunitaria
79/409/CEE e con la legge n. 157 del  1992;  potere  di  annullamento
finalizzato a garantire una uniforme  ed  adeguata  protezione  della
fauna selvatica su tutto il territorio nazionale»  (sentenza  n.  250
del 2008). 
    D'altra parte, va  rilevato  come  codesta  ecc.ma  Corte  «abbia
costantemente  affermato  che,  anche  a  fronte   della   competenza
legislativa primaria delle Regioni a  statuto  speciale,  spetta  pur
sempre allo Stato la determinazione degli standard minimi ed uniformi
di tutela della fauna, nell'esercizio della sua competenza  esclusiva
in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, secondo  quanto
prescrive l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (ex  plurimis,
sentenze n. 391 del 2005, n. 311 del  2003,  n.  536  del  2002).  Il
fondamento  di  tale  competenza  esclusiva   statale   si   rinviene
nell'esigenza insopprimibile di  garantire  su  tutto  il  territorio
nazionale soglie di protezione della fauna che  si  qualificano  come
«minime», nel senso che costituiscono un vincolo rigido  sia  per  lo
Stato sia per le Regioni - ordinarie e speciali  -  a  non  diminuire
l'intensita'   della   tutela.   Quest'ultima   puo'   variare,    in
considerazione delle specifiche condizioni e necessita'  dei  singoli
territori, solo in direzione di un incremento, mentre  resta  esclusa
ogni attenuazione, comunque motivata» (sentenza n. 387 del 2008). 
    Ne deriva che «In  materia  di  protezione  della  fauna,  assume
particolare rilievo la disciplina rigorosa dei prelievi  venatori  in
deroga, per l'evidente motivo che le eccezioni alle  regole  generali
sulle modalita' e sui limiti dell'esercizio della caccia rischiano di
incidere negativamente, se non dettagliatamente  circoscritte,  sulla
conservazione delle diverse specie animali. Le finalita' ed i  limiti
delle possibili deroghe formano oggetto della direttiva del Consiglio
delle Comunita' europee, del 2 aprile 1979, 79/409/CEE (Direttiva del
Consiglio concernente  la  conservazione  degli  uccelli  selvatici)»
(sentenza n. 387 del 2008). 
    In forza di tali premesse e' stata dichiarata  costituzionalmente
illegittima una norma della Provincia di  Bolzano  che  «si  presenta
carente sotto il profilo della accurata delimitazione delle  deroghe,
giacche' non prevede che nel relativo provvedimento siano indicate le
finalita' della deroga, elencate invece in modo  tassativo  dall'art.
9, comma 1, lettere a),  b)  e  c),  della  direttiva  79/409/CEE  ed
espressamente richiamate dall'art. 19-bis  della  legge  11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio). Non e' sufficiente in proposito che  la
norma censurata stabilisca che l'assessore  provinciale  alla  caccia
adotti un "provvedimento motivato", senza prescrivere  esplicitamente
che la  motivazione  debba  dare  conto,  oltre  che  degli  elementi
menzionati nelle lettere da  a)  a  g),  anche  delle  ragioni  della
deroga, con specifico riguardo ad una o piu' delle finalita'  per  le
quali la normativa comunitaria e  nazionale  la  consente.  Con  tale
generica previsione, la  norma  provinciale  de  qua  predispone  una
tutela della fauna selvatica inferiore  a  quella  prevista  in  sede
europea  e  nazionale,  che  si  presenta  come   piu'   rigorosa   e
dettagliata. Quest'ultima, infatti, impone che ciascun  provvedimento
di deroga contenga la motivazione concreta  della  connessione  della
tipologia  di  deroga  concessa  con   le   ragioni   della   stessa,
inquadrabili  in  una  delle  finalita'  ritenute,  dal   legislatore
comunitario  e  nazionale,  cause  di  giustificazione  di  attivita'
venatorie eccedenti quelle normalmente esercitabili secondo le  leggi
vigenti». (sentenza n. 387 del 2008). 
    Vi e' dunque che, qualora la legge regionale  abbia  affidato  al
provvedimento amministrativo la possibilita' di  deroga  alla  citata
normativa interna ed europea di tutela faunistica,  tale  legge,  per
sottrarsi  al  sospetto  di   illegittimita'   costituzionale,   deve
prevedere che il provvedimento illustri specificatamente le  concrete
ragioni  idonee  a  sorreggere  quella  deroga;  ragioni  che  devono
collimare con le finalita', considerate  dalla  citata  normativa  di
protezione, come cause  di  giustificazione  di  attivita'  venatorie
eccedenti quelle normalmente esercitabili secondo le  leggi  vigenti.
Tanto piu', allora, e' riscontrabile, nel nostro caso, la  violazione
delle norme costituzionali in epigrafe. E cio' in quanto  la  Regione
Marche non ha  previsto  alcun  provvedimento  di  deroga  bensi'  ha
optato, con la norma censurata, per l'introduzione del ridetto  comma
2-bis che consente «comunque»  il  prelievo  in  deroga  allo  storno
(Sturnus vulgaris) praticato in prossimita' di  nuclei  vegetazionali
produttivi sparsi, a tutela  della  specificita'  delle  coltivazioni
regionali,  senza  alcuna  specifica  e  concreta  valutazione  della
compatibilita' di tale deroga con le finalita' protettive  perseguite
dalla  normativa  interna  ed  europea  e,   per   giunta,   con   la
contemporanea  sottrazione  della  scelta  regionale  al  potere   di
annullamento contemplata dal comma 4 dell'art. 19. 
    La norma regionale censurata, quindi, ponendosi in contrasto  con
le disposizioni dettate dalla direttiva 2009/147/CE del  30  novembre
2009, viola di parametro di cui all'articolo 117, primo comma,  della
Costituzione nella parte in cui impone al  legislatore  regionale  di
rispettare i vincoli posti dall'ordinamento comunitario, e, ponendosi
altresi' in contrasto con l'articolo 19-bis della legge  n.  157  del
1992, comporta la violazione del parametro di cui  all'articolo  117,
comma  2,  lettera  s),  della  Costituzione  che  attribuisce   alla
competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  la  materia  «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    Per questi motivi la norma regionale censurata merita  di  essere
dichiarata costituzionalmente  illegittima  ai  sensi  dell'art.  127
della Costituzione.